CERIMONIE DI INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2017 – INTERVENTI DEL PRESIDENTE DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI FIRENZE ED ALTRI INTERVENTI

Firenze, 28 gennaio 2017

Cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario 2017
Distretto della Corte d’Appello di Firenze

Intervento del Presidente del Consiglio dell’Ordine   < VIDEO LEXTV >

A nome degli Ordini del Distretto, saluto, con sincera deferenza, il Presidente della Corte Costituzionale, Prof. Paolo Grossi. La Sua presenza a questa cerimonia, Signor Presidente, conferma, ancora una volta, quanto Le stiano a cuore le sorti della Giurisdizione e la funzione assegnatale nel nostro ordinamento democratico, di concorrere all’affermazione ed alla tutela dei valori fondanti della nostra Costituzione.; per tutti noi operatori quotidiani di giustizia, averLa qui oggi è di grande stimolo per impegnarci, con ancora più determinazione, per la loro realizzazione.
Porgo i più cordiali saluti alla Presidente della Corte d’Appello ed al Procuratore Generale, agli autorevoli rappresentanti del Consiglio Superiore della Magistratura e del Ministero della Giustizia, a tutti i Dirigenti degli Uffici Giudiziari ed ai Magistrati togati ed onorari del Distretto, all’Avvocato Distrettuale dello Stato.
Al Sindaco di Firenze, oltre al saluto rispettoso, rivolgo l’invito ad un incontro con il Consiglio dell’Ordine fiorentino che ho l’onore di rappresentare.
Un rispettoso ossequio a tutte le Autorità civili, militari, accademiche e religiose, ai Parlamentari, ai rappresentanti degli altri Ordini professionali, ai Colleghi tutti.
Si associano ai miei saluti i componenti del Consiglio Nazionale Forense per il nostro Distretto (il collega Vito Vannucci, qui presente, e la collega Rosa Capria, Consigliera Segretaria del C.N.F, oggi impossibilitata a partecipare per impegni istituzionali) ed i Presidenti dei Consigli degli Ordini del Distretto, anche loro oggi tutti presenti, con i quali ho il piacere di condividere l’esperienza nell’Unione Distrettuale degli Ordini Forensi della Toscana, presieduta, nel mandato in corso, dal collega Piero Melani Graverini, Presidente dell’Ordine di Arezzo.

Ai dirigenti ed al personale amministrativo dei nostri uffici giudiziari, oltre al saluto rivolgo, facendolo mio, il particolare ringraziamento che, nell’ambito della sua annuale relazione al Parlamento sull’amministrazione della giustizia, gli ha rivolto il Ministro della Giustizia (cito testualmente) “per la disponibilità e la collaborazione che hanno quotidianamente messo al servizio del miglior funzionamento del sistema pur in presenza di vuoti di organico ed aumento dei carichi assai pesanti”.
In tutti gli Uffici, sia a livello distrettuale che nei singoli circondari, abbiamo condiviso con le dirigenze giudiziarie ed amministrative le assai difficili condizioni nelle quali sono costretti a lavorare.Nella consapevolezza che una migliore funzionalità e trasparenza dei servizi contribuisce a rendere più dignitoso e rispettabile il lavoro di tutti gli operatori di giustizia (magistrati, avvocati, dipendenti) abbiamo accantonato ogni, pur legittima, azione rivendicativa e di protesta privilegiando, invece, la politica della cogestione delle difficoltà e delle emergenze.
Ci siamo assunti la responsabilità di decisioni, in alcuni casi anche impopolari nei nostri Fori, nella prospettiva di favorire un’organizzazione più razionale degli uffici e, conseguentemente, una maggiore effettività della funzione giurisdizionale. E’ stata, la nostra, e continuerà ad essere, una scelta del tutto coerente con la rivendicazione (che continueremo a proporre a gran voce perché se ne convincano quanti, purtroppo anche all’interno della Magistratura, ancora non intendono accettare l’idea) che dei nostri Palazzi di Giustizia noi avvocati siamo condomini e non meri inquilini, o, peggio, “clienti” occasionali.
Non ho il tempo per riferire nel dettaglio i contenuti dei tanti progetti che sono stati attivati in tutto il Distretto e ringrazio sinceramente la Presidente Cassano per aver voluto ricordare quelli avviati con e nella Corte d’Appello.
Ci siamo ripromessi di monitorare sistematicamente i risultati che riusciremo a conseguire; se saranno positivi, come tutti ci auguriamo, li sottoporremo alle valutazioni del Ministero della Giustizia, del Consiglio Superiore della Magistratura e del Consiglio Nazionale Forense, convinti, come siamo, che questo metodo di lavoro debba essere valorizzato, facendo diventare regola e non eccezione che i Dirigenti giudiziari ed amministrativi condividano con i Consigli dell’Ordine la responsabilità dell’organizzazione dei servizi.
A questo proposito salutiamo davvero come una gran bella notizia (ed un ottimo avvio nella prospettiva appena auspicata) la delibera assunta proprio nei giorni scorsi dal plenum del Consiglio Superiore della Magistratura con cui, in attuazione del protocollo d’intesa stipulato con il C.N.F., è stato deciso di realizzare un significativo “rafforzamento del dialogo con gli avvocati” (sono parole del Vice Presidente Legnini) con la previsione di una interlocuzione strutturata dei dirigenti degli uffici con i Consigli dell’Ordine per quanto concerne l’organizzazione dell’attività giudiziaria.
Prego il Consigliere Fanfani di portare al Vice Presidente ed a tutto il C.S.M. il ringraziamento dell’Avvocatura del Distretto per questa importante decisione che costituisce la migliore risposta a quanti, in questi ultimi mesi – in forza di un “pregiudizio antistorico (così lo ha giustamente qualificato il Primo Presidente della Corte di Cassazione, Giovanni Canzio) – hanno fatto ricorso ad argomenti francamente inaccettabili per contrastare l’ipotesi di riforma della normativa sui Consigli Giudiziari nella parte che dovrebbe prevedere un maggior ruolo e più ampie prerogative per la componente forense designata dai Consigli dell’Ordine.

Infine rivolgo un saluto affettuoso ai dirigenti e dipendenti delle segreterie dei nostri Ordini, che ringrazio sinceramente per l’impegno con cui stanno condividendo con noi consiglieri le difficoltà di dare definitiva attuazione alla complessa legge di riforma dell’ordinamento professionale forense, resa ancora più complicata dagli oltre trenta regolamenti attuativi, alcuni dei quali ancora da emanare ed altri da correggere in conseguenza delle ordinanze e sentenze del TAR Lazio e del Consiglio di Stato che sono state emesse nei giudizi attivati a seguito di varie impugnazioni; tra i più importanti ricordo quello relativo all’istituzione dei corsi formativi obbligatori per i praticanti avvocati nel percorso di accesso all’esame di Stato, quello che concerne il sistema elettorale per il rinnovo dei Consigli dell’Ordine e quello che riguarda le specializzazioni forensi.

Lo scorso 7 ottobre il XXXlll° Congresso Nazionale Forense, tenutosi a Rimini, ha deliberato, a larghissima ed inequivocabile maggioranza, di dare attuazione alle previsioni della nuova legge professionale forense in tema di rappresentanza “politica” dell’Avvocatura, da affiancare a quella istituzionale riservata al Consiglio Nazionale Forense a livello nazionale ed ai Consigli dell’Ordine a livello circondariale.
L’art. 39 della legge 247/2012, definisce il Congresso Nazionale Forense come “massima assise” dell’Avvocatura (composto come è da delegati eletti in tutti gli Ordini da parte degli iscritti in applicazione dell’irrinunciabile principio democratico “un avvocato un voto”) e gli assegna il compito di trattare i temi dei diritti fondamentali, della giustizia e della professione e di formulare lerelative proposte. Il legislatore ha voluto così legittimare, a livello normativo, l’autonoma scelta operata dall’Avvocatura fin dal 1947, anno in cui proprio qui a Firenze, sotto la presidenza di Piero Calamandrei, si tenne il primo Congresso Nazionale Forense, nel clima di rinnovata libertà dopo la caduta del fascismo e di ritrovata pace dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Rispetto al precedente modello (costituito dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura, che ha operato dal 1995 fino allo scorso ottobre) la rappresentanza politica dell’Avvocatura è oggi ridefinita con la valorizzazione del Congresso quale sede di confronto delle idee e di elaborazione delle proposte che sono affidate, poi, per la necessaria interlocuzione esterna, ad un soggetto collettivo (l’Organismo Congressuale Forense) di diretta derivazione congressuale. L’Organismo in questione si è già insediato in Roma lo scorso 19 dicembre (all’esito dell’elezione dei suoi 51 componenti, svoltasi su base distrettuale) ed il nostro Distretto sarà rappresentato dal collega Lamberto Galletti, Presidente dell’Ordine di Prato, e da chi vi parla.

La prima responsabilità dell’Organismo sarà quella di dare contenuto alla proposizione di merito che ha impegnato il dibattito congressuale di Rimini sul tema, proposto provocatoriamente con la domanda Giustizia senza processo? con sottotitolo “Compiti e responsabilità dell’Avvocatura”.
Un attento osservatore dei lavori congressuali ha commentato, correttamente, che al centro del dibattito congressuale è stato posto il riscoperto ruolo dell’avvocato fuori dal processo, “non come fuga da un processo malato, che si dibatte tra ritardi e difficoltà operative” ma come “ridefinizione di un ruolo cardine per l’avvocato nella gestione delle controversie civili, quale professionista in grado di orientare e accompagnare l’assistito verso la migliore soluzione della lite che lo coinvolge” mediante “la soluzione negoziale o giudiziale che risponde alla tutela dei suoi interessi, senza mai dover abdicare alla tutela dei suoi diritti quando ciò è necessario”.
Non si tratta di privatizzazione della giustizia, ci mancherebbe altro! E’, al contrario, una difesa forte della funzione giurisdizionale, nella considerazione che, purtroppo, oggi la Giurisdizione è (e non è prevedibile per quanti anni dovrà esserlo ancora) una “risorsa limitata, come l’acqua” (per richiamare il titolo di un convegno di qualche anno fa); una risorsa pubblica che deve essere valorizzata riservandola alle controversie che non riescano a trovare, prima del giudizio ed altrove, una adeguata e soddisfacente definizione.
Chi si rivolge a noi avvocati per chiederci assistenza nella previsione di avviare una vertenza giudiziaria ci pone tre domande, sempre (e giustamente) le stesse: “ho ragione o torto ? “; “quanto tempo ci vorrà perché il giudice mi dica se ho ragione o torto ? “quanto mi costerà sapere se ho ragione o torto ?
Ebbene, un avvocato che si rispetti, anche sotto il profilo della correttezza professionale e deontologica, è oggi costretto a rispondere a quel cliente con tre desolati, e desolanti, “non lo so”.
Non possiamo rispondere se il cliente ha ragione o torto perché nel nostro ordinamento sono vigenti centinaia di migliaia di leggi, spesso scritte male ed approvate peggio, e perché gli orientamenti giurisprudenziali, anche di legittimità, sono sovente ondivaghi.
Non possiamo neanche prevedere quanto tempo ci vorrà per avere la decisione, perché la durata del processo non è affatto nella disponibilità degli avvocati (non lo è mai stato, checché ne pensi qualche improvvisato opinionista) ed è pesantemente condizionata da cause, quali le carenze di organici, sui quali l’Avvocatura non ha alcuna responsabilità.
Non possiamo, infine, neppure ipotizzare quanto costerà il processo, perché le decisioni sui costi di accesso alla tutela giudiziaria sono state utilizzate dallo Stato, sempre più frequentemente, per fare cassa, come ci dimostra l’incredibile aumento della misura del contributo unificato e delle marche da bollo nel processo civile nonostante i risparmi, rilevantissimi, generati dall’introduzione del processo telematico e l’accollo da parte di noi difensori di compiti che in precedenza facevano carico alle cancellerie ed agli ufficiali giudiziari.
Credo sia evidente a tutti che noi avvocati non possiamo più accettare di rimanere passivamente coinvolti in un sistema, quale quello che ho appena provato a delinearvi, che finisce per delegittimarci socialmente facendoci apparire inutili agli occhi delle persone e delle imprese che a noi si rivolgono oltre che nella considerazione della società civile e dell’opinione pubblica.
L’aver deciso, nella sede della massima assise dell’avvocatura (il Congresso Nazionale Forense) di dare risposta positiva a quella provocatoria domanda (Giustizia senza processo ?) comporta la responsabilità di prospettare un sistema che, consentendo altre sedi e forme di soluzione dei conflitti, sia capace allo stesso tempo di riassegnare alla Giurisdizione il ruolo centrale che, come ho ricordato all’inizio di questo mio intervento, le è assegnato dalla Costituzione.
In questa prospettiva, più di una sono le linee direttrici sulle quali indirizzare il sistema; ne indico solo alcune: la realizzazione di un ampio sistema di formazione stragiudiziale di titoli esecutivi con efficaci e tempestivi rimedi oppositivi in caso di abusi o illegittimità; l’ampliamento di forme di istruzione preventiva sia per informazioni testimoniali che per accertamenti tecnici sull’an e sul quantum; la valorizzazione della regola della non contestazione delle domande e/o dei fatti da parte del convenuto, invertendosi l’onere dell’attivazione del giudizio di merito; la ridefinizione di regole processuali (per tutti i gradi del giudizio) che siano coerenti con l’innovazione tecnologica introdotta dal processo telematico.

Vorrei dedicare il tempo residuo che mi è concesso per svolgere qualche considerazione, necessariamente sintetica, sui contenuti della relazione sull’amministrazione della giustizia che il Ministro Orlando ha illustrato al Parlamento la scorsa settimana.
Inizio esprimendo il convinto apprezzamento per il richiamo che il Ministro ha rivolto a Camera e Senato circa la necessità di difendere l’impianto costituzionale del nostro ordinamento giuridico quale strumento e presidio di tutela dei diritti fondamentali contro (sono parole del Ministro) “le pericolose derive populiste che insidiano i livelli di civiltà giuridica toccati dal nostro Paese”; ed, ancora, ci è piaciuto molto il passaggio con il quale il Ministro ha ammonito (anche qui riferisco testualmente) che “fare giustizia non può mai significare ricercare consenso” ed ha criticato “la costante dilatazione del numero dei reati previsti dalla legge, spesso conseguenza di un utilizzo puramente propagandistico e simbolico dell’azione legislativa, secondo un’equazione, rivelatasi nel tempo totalmente infondata, per cui a più reati equivarrebbe più sicurezza” quando invece “in realtà, l’incertezza del quadro degli illeciti e la conseguente irrazionalità del sistema hanno indebolito la capacità repressiva ed aumentato il numero dei procedimenti”.
Parimenti va condivisa la considerazione del Ministro Orlando che, con riferimento al recente intervento di riforma del codice di procedura civile in punto di giudizio innanzi alla Corte di Cassazione, ha ricordato quanto noi avvocati andiamo sostenendo ormai da qualche decennio e cioè che non basta scrivere nuove regole processuali, essendo invece prioritario intervenire sull’offerta di giustizia, sul rafforzamento organizzativo, sulle carenze di personale e di magistrati, sull’innalzamento delle infrastrutture tecnologiche.
Ed allora, confidiamo in un coerente intervento governativo che favorisca lo stralcio dal disegno di legge delega per l’efficienza del processo civile (attualmente all’esame della Commissione Giustizia del Senato) delle norme con le quali si intende operare l’ennesima riforma del processo di primo grado e di quello d’appello; ci pare molto più razionale che l’intervento riformatore sia limitato alla nuova disciplina del tribunale delle imprese ed alla costituzione delle sezioni specializzate in materia di famiglia e minori.
Fra le molteplici ragioni che militano per questa soluzione la principale è che, prioritariamente a qualsiasi riforma del rito, deve essere data compiuta attuazione alla delega (contenuta nel disegno di legge e largamente condivisibile) per l’adeguamento delle regole di ogni grado del processo a quelle del processo civile telematico, a proposito del quale deve però lamentarsene la mancata estensione ai procedimenti monitori ed ai giudizi ordinari di competenza del Giudice di Pace, quando invece la sperimentazione in atto, ormai da oltre tre anni, presso l’ufficio del Giudice di Pace di Firenze (su progetto elaborato e proposto dall’Ordine e condiviso anche dalla DGSIA e dal CISIA) sta dando risultati davvero eccellenti.

Il Ministro ha rivendicato, con giusto orgoglio, che finalmente “dopo anni di oblio” sono state revisionate le piante organiche degli uffici di primo grado e sono iniziate le assunzioni di alcune migliaia di unità di personale amministrativo.
Per i Tribunali del nostro Distretto è previsto l’aumento di 5 unità a Firenze, 2 a Prato ed 1 ciascuno ad Arezzo e Pistoia; francamente, speravamo in numeri più coerenti con le necessità oggettive dei nostri presidi giudiziari e meraviglia che nessun incremento sia stato deliberato per le altre realtà, anch’esse in grave sofferenza.
Tuttavia, volendo considerare il bicchiere mezzo pieno, confidiamo che le procedure concorsuali siano attivate quanto prima anche per consentire di porre rimedio ad alcune gravissime situazioni che stanno mettendo a rischio l’esercizio della giurisdizione in settori nei quali sono in discussione diritti fondamentali delle persone ed alle quali difficilmente potrà porsi rimedio nell’ambito della predisposizione delle tabelle per il prossimo triennio.
Mi limito a richiamare l’attenzione, solo per riferirmi al contesto più delicato, sullo stato in cui è costretta ad operare la Prima Sezione Civile del Tribunale di Firenze, è competente a trattare, tra gli altri, i procedimenti in materia di famiglia e le migliaia di impugnazioni dei migranti richiedenti asilo avverso i provvedimenti di diniego della competente commissione prefettizia.
La Sezione è costretta, da tempo, ad operare con l’organico sostanzialmente ridotto a soli tre giudici (compreso il Presidente) oltre al Giudice Tutelare gravato di più di dodicimila affari di volontaria giurisdizione. L’attuale semi-paralisi della Sezione consegue al fatto che dei cinque magistrati in organico (già di per sé insufficienti in relazione alle competenze che ho appena ricordato) uno ha richiesto ed ottenuto il trasferimento in Corte d’Appello (ed il ruolo non è stato ancora riassegnato) e l’altro è stato nominato, su sua domanda, componente della commissione d’esame per il concorso di accesso in magistratura (ed il ruolo rimarrà sospeso per circa due anni).
Mi sia consentito svolgere un rilievo critico – che, senza alcuno spirito polemico, affido all’autorevolissima attenzione e considerazione del Consigliere Fanfani – circa l’incoerenza di un sistema che non consente al Presidente della Sezione ed al Presidente del Tribunale neppure di esprimere il proprio parere contrario laddove quelle scelte dei singoli magistrati finiscono per incidere negativamente sull’esercizio della giurisdizione e che non prevede meccanismi idonei ad impedire che i ruoli vengano “congelati”.
Non posso concludere sul punto senza, però, esprimere il sincero ringraziamento di tutti gli Ordini del Distretto alla Presidente della Corte ed alla Presidente del Tribunale per la sensibilità con la quale sono tempestivamente intervenute per dotare la Sezione, seppur provvisoriamente, di magistrati competenti a gestire il carico dei procedimenti relativi ai richiedenti asilo; il nostro grazie, ed il nostro apprezzamento, va anche, ovviamente, ai magistrati che hanno accettato di farsi carico di questo gravosissimo compito, ed in particolare al Dott. Luca Minniti che ha dato la sua disponibilità a gestire circa la metà del ruolo.

Il rispetto della Giurisdizione e dei suoi valori si misura anche con quello che viene riservato al lavoro di tutti i soggetti che in e per essa operano; del personale, dei giudici ed anche di noi avvocati.
A tale riguardo, riferisco che nel contesto dei lavori dell’Agorà degli Ordini, istituita dal Consiglio Nazionale Forense, è stata mesi fa elaborata una proposta di legge (alla cui stesura ha attivamente partecipato il Consigliere Vannucci) che mira a tutelare il c.d. equo compenso degli avvocati.
Partendo dal dato costituzionale dell’articolo 36 (che riconosce il diritto del lavoratore all’equa retribuzione) è stato condotto un lungo lavoro di analisi che ha riguardato, da una parte, la legislazione attualmente vigente in materia di clausole abusive, e, dall’altra, la verifica dei contenuti di numerose convenzioni che i “grandi committenti”, (i c.d. “clienti forti” come banche, assicurazioni e grandi imprese) sostanzialmente impongono agli avvocati per lo svolgimento di attività di consulenza e di rappresentanza e difesa in giudizio. Ne è emerso l’utilizzo – assai diffuso ed uniforme – di clausole “capestro”, di natura abusiva nella misura in cui non rispettano la proporzione tra il compenso previsto e la quantità e la qualità del lavoro svolto dal legale su mandato del cliente. A titolo di esempio, valgano le clausole che prevedono che nel caso il giudice liquidi all’avvocato una somma a titolo di spese legali superiore a quella concordata in convenzione, la somma eccedente viene incamerata dal cliente; oppure quelle che impongono la gratuità della attività di consulenza ed assistenza, oppure l’onere della anticipazione delle spese a carico dell’avvocato ovvero, ancora, la non rimborsabilità delle spese vive quali quelle di trasferta.
In sintesi la proposta di legge contiene la previsione di nullità delle clausole delle convenzioni contrarie alla determinazione del compenso normativamente ritenuto equo sulla base di indicazioni fornite al Ministero della Giustizia da parte di una Commissione formata da rappresentanti istituzionali e del mondo produttivo.
Il Ministro Orlando più volte, anche pubblicamente, si è espresso in senso favorevole alla proposta impegnandosi a farla assumere come propria dal Governo; non abbiamo mai avuto dubbi che l’impegno sarebbe stato rispettato e ci ha fatto piacere apprendere proprio in queste ultime ore che il disegno di legge sta per essere presentato al primo Consiglio dei Ministri utile. Per il tramite del Sottosegretario Ferri, ringraziamo il Ministro ed il Ministero della Giustizia per questa iniziativa, confidando che il Parlamento voglia approvare celermente la legge.

Termino riprendendo, testualmente, il passaggio conclusivo utilizzato dal Presidente del C.N.F. – Andrea Mascherin – in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario in Cassazione; lo condivido integralmente e lo faccio mio a sintesi di questo mio intervento: “Noi avvocati vogliamo camminare, consapevoli del nostro insostituibile ruolo di custodi dei diritti, insieme ai magistrati e alla politica, percorrere lo stesso sentiero, senza temere di ascoltare i compagni di viaggio, senza avere paura di aprire la via o di abbattere gli ostacoli quando necessario. Forse ancora non tutti, tra avvocati, magistrati e politici ci seguiranno; in questo caso ci sia consentito il dubbio che siano costoro a sbagliare sentiero”.

Vi ringrazio per la cortesia della vostra attenzione ed auguro a tutti noi buon anno giudiziario.

Sergio Paparo

INTERVENTO DEL PRESIDENTE DI CAMERA PENALE DI FIRENZE < VIDEO LEXTV >

RELAZIONE DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE ALLA CERIMONIA DI APERTURA DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2017 CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

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Pubblichiamo l’intervento tenuto dal Consigliere Gaetano Viciconte in nome dell’Ordine degli Avvocati di Firenze, in occasione dell’inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2017 della Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale della Toscana:

Corte dei Conti Toscana – Inaugurazione anno giudiziario 2017 – Relazione Avv. Viciconte

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Pubblichiamo l’intervento tenuto dal Consigliere Orsola Cortesini, in nome dell’Ordine degli Avvocati di Firenze, lo scorso 17 marzo in occasione dell’inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2017 del TAR – Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana:

TAR Toscana – Inaugurazione anno giudiziario 2017 – Relazione Avv. Cortesini

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Pubblichiamo l’intervento del 16 marzo u.s. del Presidente della Camera Tributaria di Firenze, Avv. Prof. Francesco Pistolesi, in rappresentanza del Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Firenze, in occasione dell’inaugurazione dell’Anno Giudiziario Tributario 2017 tenutasi presso la Commissione Tributaria Regionale della Toscana :

Commissione Tributaria Regionale – Inaugurazione anno giudiziario tributario 2017 – Intervento Avv. Prof. Pistolesi