Pubblichiamo l’intervento dell’Avv. Gaetano Viciconte, vice presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Firenze alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario 2025 della Corte dei Conti – Sezione Giurisdizionale per la Toscana.
.
Signor Presidente della Corte,
Signor Procuratore Regionale,
Signore Magistrate, Signori Magistrati,
le tensioni sociali esistenti inducono a prospettare scenari sempre più incerti e generano criticità, anche di carattere economico e finanziario. In tale contesto, di risorse pubbliche sempre molto limitate, le pubbliche amministrazioni sono chiamate ad affrontare sfide impegnative determinate dalle innovazioni tecnologiche, digitali, energetiche e ambientali. Sempre più rilevante appare, pertanto, il ruolo svolto dalla Corte dei Conti, quale magistratura indipendente che tutela gli equilibri di finanza pubblica, sia nell’esercizio delle funzioni di controllo sia nello svolgimento di quelle giurisdizionali.
Il quadro giuridico di riferimento ha visto nell’anno appena trascorso un’importante pronuncia della Corte Costituzionale, la quale, con la sentenza n. 132 del 2024, ha ritenuto conforme a Costituzione lo “scudo erariale”, introdotto dall’art. 21 del decreto-legge n. 76 del 2020 e più volte prorogato, fino al 2025, ma ha fondato il suo giudizio sull’eccezionalità del rimedio e ha fornito le “direttive” per guidare il legislatore verso un’innovazione organica.
Tuttavia, alcune rilevanti perplessità suscita il contenuto delle proposte di legge presentate in Parlamento dirette alla modifica delle funzioni giurisdizionali, di controllo e consultive della Corte dei conti (di cui alla proposta di legge Foti – a.c. 1621 – e alle successive proposte di emendamento). Tali perplessità si manifestano, nonostante il condivisibile obiettivo del legislatore, ormai costante nel tempo e legittimato dalla stessa Corte Costituzionale con la nota sentenza del 2022, di consentire che le amministrazioni e i loro agenti vedano la magistratura contabile come un organo a presidio degli equilibri di finanza pubblica, più che come un giudice rivolto a sanzionare ogni violazione formale, le quali sono spesso difficilmente evitabili in un quadro normativo multilivello, complesso e instabile.
Invero, da un lato, l’Avvocatura evidenzia l’esigenza di delineare in modo più chiaro il perimetro della responsabilità erariale, che deve sempre essere accertata in modo rigoroso e puntuale, nel rispetto delle regole sostanziali e processuali, che sono presidio della certezza del diritto e della prevedibilità della sanzione. Tale esigenza è emersa anche in un settore chiave dell’amministrazione come quello degli appalti, rispetto al quale, come è noto, l’art.2 del recente Codice dei contratti pubblici, affermando il “principio della fiducia”, delinea le ipotesi di gravità della colpa nella responsabilità erariale, tipizzandole.
Dall’altro lato, invece, desta preoccupazione l’emendamento all’art. 2 della citata proposta di legge a.c. 1621, che nel prevedere una non motivata parcellizzazione della Corte dei Conti, con una articolazione territoriale in 6 macro aree, alcune delle quali geograficamente molto estese, con l’accorpamento di più regioni anche di consistenti dimensioni, finirebbe per incidere notevolmente sull’efficienza delle funzioni della Corte.
L’approvazione di detto emendamento, come ha evidenziato anche il Presidente del CNF, potrebbe riverberarsi in modo negativo sull’autonomia e sulla indipendenza dell’azione della magistratura contabile, giacché sarebbe previsto, oltre alla riduzione del numero dei magistrati requirenti, anche l’obbligo di sottoscrizione, a pena di invalidità, da parte del viceprocuratore generale territoriale competente e del procuratore generale aggiunto di coordinamento e quella del procuratore generale degli atti di citazione in giudizio e delle richieste di sequestro conservativo o di altre misure cautelari.
Orbene, se è vero che l’esigenza avvertita è quella di delineare in modo più chiaro l’ambito di competenza della magistratura contabile anche al fine di evitare quella che viene definita “la paura della firma”, che rallenta l’agire dei pubblici funzionari al punto, talvolta, da provocare persino la paralisi dell’amministrazione pubblica, è altrettanto vero che l’interesse generale a che vengano punite le ipotesi di danno all’erario richiede un costante e capillare controllo, che qualora il suddetto emendamento dovesse trovare accoglimento rischierebbe di essere compromesso.
Passo, invece, a trattare l’assetto del quadro normativo riguardante, in particolare, l’Avvocatura e gli ordini professionali, ritornando necessariamente su una questione già sottoposta all’attenzione della Corte dei conti negli anni passati, che riguarda le funzioni di controllo nel comparto degli ordini professionali.
Accade, senza tener conto della evidente specialità degli enti professionali, che amministrazioni centrali o periferiche dello Stato, Autorità amministrative indipendenti ed altri organismi pubblici pretendano dagli ordini adempimenti pensati per strutture pubbliche completamente diverse per natura giuridica e per dimensioni organizzative, con esiti a volte invero paradossali.
La ragione principale di tali improprie assimilazioni è che le normative genericamente rivolte al comparto pubblico, piuttosto che delimitare precisamente il proprio campo di applicazione in funzione degli obiettivi e della ratio del singolo intervento legislativo, si limitano per lo più a richiamare l’art. 1, comma 2, d. lgsl. n. 165/2001 (TU pubbl. imp.), fonte che contiene un elenco degli enti afferenti al settore pubblico, originariamente pensato nell’ambito del pubblico impiego, e che contempla anche la categoria degli “enti pubblici non economici”. Essendo gli ordini professionali enti pubblici non economici, accade assai di frequente che uffici ministeriali e altre autorità pubbliche ritengano gli ordini soggetti a vari oneri ed adempimenti previsti in via generale per le pubbliche amministrazioni o per enti afferenti al comparto pubblico.
Nonostante sia stato più volte evidenziato, a volte anche in giurisprudenza, come il richiamo all’art. 1, comma 2 TU pubbl. imp. sia di per sé insufficiente a ricomprendere gli ordini professionali, tuttavia, essi continuano a ricevere richieste di adempimenti manifestamente pensati per enti che gravano sulla finanza pubblica.
Il legislatore è intervenuto con il decreto legge n. 75 del 2023, convertito nella legge 10 agosto 2023, n. 101, riconoscendo la specialità degli ordini professionali, attraverso la preclusione di ogni impropria assimilazione degli stessi alle altre pubbliche amministrazioni. In particolare, la nuova disciplina esclude la soggezione automatica degli ordini professionali a normative genericamente riferite al comparto pubblico, affermando che quando il legislatore intenda estendere agli ordini e ai collegi professionali previsioni od obblighi che caratterizzano il regime delle pubbliche amministrazioni, deve espressamente prevederlo.
La nuova norma altro non fa che applicare un principio di buon senso, recependo la ragionevole richiesta del comparto ordinistico, allineandosi a quanto già affermato dalla giurisprudenza eurounitaria e di quella amministrativa più accorta. Tuttavia, deve constatarsi che ancora da parte di alcune Amministrazioni si continuano a pretendere adempimenti manifestamente pensati per enti diversi dagli ordini professionali, come ad esempio la comunicazione dello stock di debito. Pretese che ormai risultano essere contra legem, in un settore come quello professionale, in cui, è bene sottolinearlo, gli enti sono finanziati esclusivamente con il contributo degli iscritti.
L’auspicio che deve essere formulato in questa sede è che la Corte dei conti tenga conto della posizione espressa dell’Avvocatura riguardo all’applicazione delle norme primarie vigenti e che ciò avvenga nello spirito di costruttiva collaborazione istituzionale, che ha sempre contraddistinto i rapporti tra Avvocatura e Corte dei conti, nell’obiettivo del concreto perseguimento del comune interesse della migliore amministrazione della cosa pubblica.
Con questi auspici, auguro un nuovo proficuo anno giudiziario.