Pubblichiamo l’intervento dell’Avv. Gaetano Viciconte, Vice Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Firenze alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario 2023 della Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Toscana.
“Signor Presidente della Corte,
Signor Procuratore Regionale,
ringrazio a nome del Presidente e di tutto il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Firenze per il gradito invito a intervenire anche quest’anno alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario.
Siamo entrati in una fase storica per il nostro sistema caratterizzata da forti investimenti nelle attività pubbliche e nell’occupazione pubblica, per effetto dell’attuazione del PNRR.
Alla Corte dei Conti compete il ruolo costituzionale di controllare la legalità dei processi decisionali e che tali risorse siano effettivamente destinate agli obiettivi di interesse pubblico, mentre agli Avvocati spetterà il compito di assistere le amministrazioni e le imprese nel risolvere i problemi applicativi che inevitabilmente deriveranno dall’interpretazione delle relative disposizioni in costante attesa di semplificazione.
Come è noto, il PNRR è un piano economico e istituzionale strutturato per obiettivi: prevede, infatti, sia investimenti che riforme, i cui effetti andranno ben oltre l’arco temporale del quinquennio di riferimento. Da qui la riforma del processo civile, la riforma del processo penale con riferimenti anche al giudizio contabile, come la previsione dell’inefficacia della sentenza penale di patteggiamento proprio sul giudizio contabile e la riforma del codice dei contratti pubblici.
Quest’ultima rientra nell’obiettivo di garantire “a regime” una disciplina più semplice e chiara per l’aggiudicazione e per l’esecuzione di appalti e concessioni, considerata la rilevante importanza che gli stessi rivestono nel determinare il nostro prodotto interno lordo.
La riforma del codice dei contratti pubblici si inserisce a pieno titolo nel solco del superamento del fenomeno della burocrazia difensiva o di paura della firma, su cui si dibatte ampiamente a partire dal decreto semplificazioni del 2020 che ne aveva fatto il suo cavallo di battaglia. Al fine di porre rimedio a questo fenomeno, è proprio nello schema del nuovo codice dei contratti pubblici che si introduce per la prima volta nel nostro sistema la definizione di colpa grave nell’ambito delle fattispecie di responsabilità erariale, la quale viene ancorata a specifici elementi valutativi, pur non abbandonando ancora alcuni margini di indeterminatezza, come ad esempio nella parte in cui si fa riferimento alla “palese violazione di regole di prudenza, perizia e diligenza”. Continuerà, pertanto, ad essere compito della giurisprudenza individuare il giusto equilibrio tra la speditezza del procedimento e la predisposizione di “cautele, verifiche ed informazioni preventive” che saranno ritenute necessarie per evitare la violazione della regola dell’obbligo di “prudenza, perizia e diligenza”.
Suscita interesse e allo stesso tempo timore la grande novità di impostazione che si coglie nello schema del nuovo codice dei contratti pubblici costituita dall’enunciazione dei principi generali a cui il testo dedica ben 11 articoli. Cambia decisamente l’assetto della disciplina rispetto al passato, anche perché si attribuisce ai principi dei primi tre articoli (il principio del “risultato”, il principio della “fiducia”, in cui viene inserita la definizione di colpa grave e il principio dell’accesso al mercato) una valenza del tutto particolare e innovativa, giacché l’art. 4 li individua espressamente come “criterio interpretativo e applicativo” delle disposizioni codicistiche.
Tuttavia, non possiamo nascondere la consapevolezza dei rischi di accentuazione del fenomeno di burocrazia difensiva che potrebbero derivare dall’applicazione inappropriata di tali principi, considerando che gli stessi saranno utilizzati per dare un contenuto concreto e operativo a clausole generali eccessivamente elastiche oppure per risolvere incertezze interpretative o per recepire indirizzi giurisprudenziali prevalenti.
Pertanto, se vogliamo favorire, attraverso la codificazione dei principi, una più ampia libertà di iniziativa e di auto-responsabilità della pubblica amministrazione, valorizzandone autonomia e discrezionalità, occorre che sia definito il confine ancora troppo mobile della responsabilità penale e della responsabilità per danno erariale.
E’ opportuno andare oltre le soluzioni offerte dal decreto semplificazioni del 2020, il quale ha prodotto una riforma a regime dell’abuso di ufficio non soddisfacente e una disciplina emergenziale transitoria di limitazione delle ipotesi di responsabilità erariale per colpa grave alle sole fattispecie omissive, su cui sono fin troppo note le critiche che provengono proprio dalla magistratura contabile, come abbiamo ascoltato dalle relazioni del Presidente e del Procuratore Regionale.
Non possiamo correre il rischio che la violazione dei principi espressi nello schema del nuovo codice dei contratti pubblici basti per configurare future ipotesi sia di responsabilità penale sia di responsabilità per danno erariale, perché ciò finirebbe per alimentare la paura della firma, che la stessa Corte Costituzionale con la sentenza n.8/22 ha individuato quale fattore indiscutibilmente limitativo per lo sviluppo sociale ed economico del sistema. Occorre auspicare che il preannunciato intervento del legislatore sul versante della responsabilità possa sciogliere costruttivamente questi nodi che rischiano di divenire inestricabili sul tema del controllo giurisdizionale dell’attività amministrativa.
Da ultimo, mi sia consentito di intervenire su una questione già trattata all’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei Conti a Roma dalla nostra Presidente del Consiglio Nazionale Forense e che attiene alle funzioni di controllo della Corte sugli ordini professionali.
La posizione degli Ordini professionali è nota. Non si può ritenere che agli stessi si applichi la disciplina propria delle pubbliche amministrazioni, senza tener conto della peculiarità degli Ordini che sono enti pubblici a carattere associativo, esponenziali di comunità professionali, i quali ricevono somme di denaro solamente da parte dei singoli iscritti e non gravano sulla fiscalità generale. Per tale ragione, infatti, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha escluso che gli Ordini professionali possano essere considerati organismi di diritto pubblico ai fini dell’applicazione della normativa sugli appalti pubblici.
Anche il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio con la recente sentenza del 2 novembre 2022 n. 14283, è intervenuto in materia, annullando in parte la circolare MEF che pretendeva di acquisire dagli ordini professionali le comunicazioni sui costi del personale richieste normalmente alle pubbliche amministrazioni. La sentenza valorizza l’art. 2, comma 2 bis DL 101/2013, dal quale ricava due specifiche prescrizioni:
1) agli ordini professionali, benché enti pubblici, non si applica in via automatica l’intera disciplina sul pubblico impiego, ma solo i principi e non certo una disposizione di dettaglio quale l’obbligo di rilevazione dei costi del personale;
2) agli ordini professionali non può applicarsi in via automatica neppure la disciplina generale sul contenimento della spesa pubblica, perché gli ordini non gravano sulla spesa pubblica e, quindi, neanche il costo del loro personale grava sulla spesa pubblica.
Ritengo doveroso evidenziare anche in questa sede come sia da salvaguardare l’autonomia di enti, formazioni sociali protette dall’art. 2 della Costituzione, come gli ordini professionali, che svolgono un essenziale ruolo istituzionale di garanzia senza incidere in alcun modo sugli equilibri dei bilanci pubblici.
Concludo, ribadendo la piena consapevolezza della centralità della funzione giurisdizionale, di controllo e consultiva della Corte dei conti e, a nome dell’Ordine degli Avvocati di Firenze, formulo gli auguri più sentiti di un nuovo anno giudiziario proficuo ed operoso.”